Moderatori: sigurlotus, Ala Nera
Mi sono sempre chiesto quali meraviglie risiedano nella testa del singer Jónsi, voce della cult band islandese Sigur Rós. Mi immaginavo un mondo governato da picchi meccanici che costruiscono il nido in alberi di plastilina, innestati su rigogliosi prati di un verde totalizzante (il meraviglioso verde smeraldo dell’Islanda) abitati da folletti e gnomi indaffarati nel far sferragliare a tutta velocità roboanti treni a vapore, su campi incontaminati nel cui sottosuolo si agita un magma bollente che, sporadicamente, fa eruttare, sotto forma di geyser, l’acqua ghiacciata dei laghi di questa landa incantata che assomiglia in modo decisamente surreale all’Islanda in cui Jónsi ha da sempre la residenza del suo cuore.
Beh, non devo essere andato troppo lontano dalla verità, visto che le prime due tracce di questo lavoro solista sembrano fornire la colonna sonora ideale di un simile paesaggio, con i flauti schizofrenici del primo singolo “Go Do” e la sezione ritmica irrefrenabile, totalmente sintetica, di “Animal Arithmetic”. Ancora, impossibile non citare il canto all’apparenza placido di “Grow Till Tall” che si sporca progressivamente di una drum machine totalmente distorta che destabilizza completamente sia la canzone che l’animo dell’ascoltatore, piuttosto che la pura gioia di un fanciullo che scopre per la prima volta le meraviglie del mondo, su un vento trionfale in crescendo di fiati ed archi in “Boy Lilikoi”. Canzoni che nascono da pretesti banali, e che sanno essere grandiose nel loro apparente minimalismo.
“Go” è un lavoro nato da un’operazione di certosina selezione di tutto il materiale che il cantautore ha scritto in tutti questi anni per i Sigur Rós, ma che, non adattandosi allo spirito della band, per essa non poteva essere utilizzato. La sensazione che si ha durante l’ascolto di questo album è deliziosamente contraddittoria: da un lato, si ha in effetti la consapevolezza che Jónsi abbia “osato” (termine tra virgolette perché i Sigur Rós sono una band altamente artistica, sperimentale e libera a prescindere) maggiormente, con innesti elettronici più sfacciati, l’uso predominante dell’inglese nelle liriche rispetto all’adorato islandese, e quella vena folk, già presente sull’ultimo album dei Sigur Rós "Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust", qui rinvigorita ed utilizzata senza limitatore alcuno.
D’altro canto, la voce unica di Jónsi – un falsetto efebo, leggiadro e carezzevole, di una determinazione tale che, al mondo, di artisti che sanno usare la voce in modo così emozionale ce ne sono solo due (l’altro è Anthony) – unita ad atmosfere tipicamente “Sigur Rósiane”, fanno sì che lo spettro della band originale sia in qualche modo persistente, a tratti addirittura prevalente (la conclusione di “Hengilas”).
Che tutto questo si traduca in un album semplicemente magnifico è una conseguenza banalmente ovvia: la personalità artistica di Jónsi è talmente elevata, che anche questo lavoro si risolve in un album assolutamente significativo (come ogni singolo episodio discografico partorito dalla sua band, del resto). Con la musica di Jónsi si spalancano gli stessi, sterminati, panorami emotivi che si stagliano imponenti nel nostro animo con la musica dei Sigur Rós, oltretutto enfatizzati da un pizzico di follia destrutturante in più, fattore che costituisce la “novità” in grado di stuzzicare anche l’ascoltatore più smaliziato della band islandese, rendendo praticamente “Go” un must have per ogni fan dei Sigur Rós che si rispetti. Altrettanto vero che questo cd è un’occasione formidabile per chiunque non conosca ancora questo mondo sonoro per affacciarvisi, per scoprire questa musica così giocosa, geniale ed emozionante… affascinante ed in un certo senso piacevolmente aliena come solo l’Islanda sa essere.
Fate vostra questa gemma di puro folktronic ad ogni costo, perché si ha davvero la sensazione di crescere e di migliorarsi, quando si ascolta musica di questo tipo.
Voto: 8.5
spaziorock.it ha scritto:si ha davvero la sensazione di crescere e di migliorarsi, quando si ascolta musica di questo tipo.
Fljotavik ha scritto:Posso dire ora che l'ho ascoltato per intero che le mie canzoni preferite sono "kolnidur","grow till tall" e soprattutto "tornado". Questo perchè preferisco la componente più sigurrossiana di Jonsi. E sono felicissimo nel sentire che anche in quest'album il nostro non ha per nulla sdradicato le radici dalla terra madre islandese (hengilas, kolnidur), nè (...per fortuna!) abbandonato la suggestione che la sua voce sa creare (grow till tall, tornado), pur essendo in grado di regalarci un'immensa gioia di vivere con canzoni come "Sinking friendship", "Go do", "Boy lilikoi".
Hengilàs, struggente pezzo in tensione tra Ágætis Byrjun e ( ), in grado di trascinare l’ascoltatore in un vortice di gelo esistenziale; pur non esibendo elementi innovativi rispetto al minimalismo delle passate pubblicazioni, Hengilàs si pone come un epilogo sofferto ma liberatorio, degno del profilo artistico di un musicista elegante e poliedrico.
Prerogativa dell’artista è saper creare mondi. E se questi mondi hanno connotati personalissimi, insomma se sono particolari biomi immaginifici, generati esclusivamente da una sola fantasia che tuttavia lascia libero permesso di accesso all’ascoltatore, ecco che il miracolo si compie. È il caso di Jónsi...
sigurlotus ha scritto:
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