Moderatore: Andy
...che giace sul pavimento, accanto al letto, immerso in una pozza di sangue, uscito di certo da una di quelle storie.
...vagamente illogico
C'è un filo solido ed evidente che lega i numerosi grupi/artisti islandesi che abbiamo avuto modo di scoprire nell'ultimo decennio: Sigur Ròs, Olafur Arnalds, Amiina, Rokkurrò, Hjaltalin, Seabear, Emiliana Torrini, Slowblow, per nominare i principali. O meglio molti fili, abilmente intrecciati a formare una lunga corda gettata simbolicamente oltre l'oceano che isola l'isola di ghiaccio, verso l'attenzione del pubblico europeo, americano, mondiale. C'è il filo della sperimentazione, e insieme quello delle radici folk, il filo della musica più eterea e quello del rifiuto della forma canzone tradizionale, il filo dell'espressione più atmosferica ed emozionale, quasi drammatica e quello di un'impercettibile ironia che c'è ma noi non islandesi non la capiamo, il filo della ricercatezza intellettuale e quello di un amore per la melodia tipicamente pop. Tanti ingredienti che ci permettono di delineare i contorni di una "scena" che forse esiste solo nella nostra immaginazione di appassionati di musica, ma che è pure capace di sfornare continuamente cose nuove, belle, intertessanti, uniche e particolari.
I Mùm tra le band citate sono sicuramente dei capofila, e oggi, con l'uscita di Sing Along To Songs You Don't Know, il gruppo è giunto a pubblicare il suo quinto album, con ampia risonanza internazionale e (involontarie?) anticipazioni apparse in rete da alcuni mesi.
Il pezzo che apre il disco, If i were a fish, ci suggerisce immediatamente che qualcosa è ulteriormente cambiato nel mondo affascinante e magmatico dei Mùm: la melodia folkeggiante, sorniona e delicata che informa la canzone non ci sorprende - è tipica dei Nostri - ma è proprio il fatto che possiamo chiamarla senza remore "canzone" a meravigliarci positivamente. Ovviamente nelle dodici tracce dell'album la sperimentazione analogica/elettronica cara ai Mùm non manca (rumorismi vari, drum machine essenziale, campionamenti di suoni "quotidiani"), ma più spesso che nei lavori precedenti (gli ultimi due specialmente) l'orizzonte naif e onirico disegnato dalla multiforme band islandese ha i colori del folk-pop indipendente di marca acustica (vedi Sufjan Stevens o Noah and The Whale), prova ne siano pezzi di immediata gradevolezza come Profecies & reversed memories, Hullaballabalù, Last shapes of never, Illuminated e soprattutto il gioioso ed eclettico mantra di Sing along.
Accanto a questi, una serie di quadri malinconici in chiaroscuro e dai tratti spesso sfumati ad arte, dove prevalgono comunque strumenti "classici" (il pianoforte, il glockenspiel, gli archi emozionanti di A river don't stop to breathe e quelli avvolgenti della obliqua ninnananna Blow your nose) e le voci maschili/femminili si alternano e duettano con sommessa e al contempo angelica grazia.
Molti (non la critica in genere) hanno spesso accusato i Mùm di essere parimenti talentuosi e inguaribilmente noiosi nella riproposizione della loro formula magica. Sing Along To Songs You Don't Know, pur non esente da una certa prolissità congenita al gruppo, è però la prova di un atteggiamento meditato e sensibilmente diverso, che magari scontenterà la critica ma conquisterà qualche nuovo adepto.
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